Assurto a meritata fama solo negli ultimi anni, e in gran parte
dopo la prematura morte, Osvaldo Soriano è sempre stato affascinato da alcune
figure che, a loro modo, possono essere considerate dei simboli della nostra
epoca, prese perlopiù da romanzi, film o spesso anche dal mondo dello sport.
'Triste, solitario y final', il suo libro più famoso, è infatti
in pratica un omaggio divertito e malinconico al mondo di Hollywood, alla sua
capacità di far sognare gli spettatori ma anche al marcio che vi stava dietro:
al centro c'è il detective privato Philip Marlowe (proprio quello creato da
Raymond Chandler, anche se un po' invecchiato), assunto nientemeno che da Stan
Laurel (lo Stanlio che faceva coppia fissa con Ollio, Oliver Hardy) per indagare
sul loro inspiegabile calo di popolarità tra i produttori di Los Angeles. Un
quesito a cui lo stesso Marlowe non riuscirà a dar risposta, anche se lungo
l'indagine gli si affiancherà come spalla proprio lo stesso Soriano. E nel libro
fanno capolino tutti i grandi miti di un'era: John Wayne e Charlie Chaplin in
primo luogo, ma anche James Stewart, Jerry Lewis, Liz Taylor, Charles Bronson,
Mia Farrow, Julie Christie, Jane Fonda, Jackie Coogan e Mickey Rooney.
Un romanzo breve ma comunque complesso, che dietro la vivacità e
l'ironia fa emergere una vena di tristezza e di profondità non comuni, ridando
nuova vita a personaggi ormai abbandonati ma anche mostrando la tristezza della
solitudine e della sconfitta, aspetti a cui anche lo stesso Soriano,
evidentemente, si sentiva vicino.